domenica, febbraio 22, 2015

Anfibi nell'anima

















Ho ripreso in mano un libro che avevo letto tempo fa, "Acque Profonde", di Etain Addey.
In questi giorni, in cui mi sento molto aperta e ricettiva, mi ritrovo perfettamente nel messaggio profondo del libro: essere anfibi nell'anima, avere una percezione sia pratica che magica, sia ordinaria che etra-ordinaria, sia razionale che onirica.

Tenere aperta la porta del sogno e del sacro. Solo ora capisco che per fare questo non bisogna fare niente: dobbiamo solo restare in ascolto, in ricezione.

Apro il libro, e subito nelle prime pagine si parla della madre di Etain, che prima di avere lei ebbe una bambina, nata morta. E dopo un anno, all'equinozio di autunno, la madre era di  nuovo incinta, stavolta di Etain stessa.
Sono immersa nella sincronicità. Sento parlare di parti, intorno a me, e gioisco; mentre leggo entra in negozio una donna, incinta, con la sua bellissima pancia, e quello che sento è comunione, come se fossi incinta anche io.

Restare anfibi nell'anima significa far entrare la magia nella propria vita: e farla accadere spontaneamente, senza bisogno di fare niente.

Se rimango aperta, la magia entra nella mia vita. Vedo tante persone, ogni giorno, chiuse, serrate, ognuna con il suo lucchetto personale.

Ora capisco appieno il senso del ricevere, come azione attiva e non solo passiva. Ascoltare, rimanere morbida, non irrigidirsi, aprirsi.

Basta abbandonarsi, lasciar andare e cogliere solo le occasioni del momento. Che possono essere semplicemente bere una tazza di tè, rastrellare le foglie in giardino, preparare con cura l'hennè per i capelli.

Diventare antenne per ciò che di magico, di sacro, può esserci in ogni giornata. Essere ricettive apre nuove strade; la chiusura, invece, stagna, riporta sempre agli stessi meccanismi, imprigiona.

E' da poco passata la Luna Nuova, in Acquario, il mio segno. E siamo anche entrati nell'anno Cinese della Capra! Io sono una Capra di Terra, e sono felice che sia arrivato il nostro momento :)

Ho passato il giorno della Luna Nuova a pulire il giardino. Mi sono svegliata presto, ho fatto colazione con tè verde e marmellata di mirtilli fresca, e poi sono andata in giardino.
Ho estirpato le ginestre, che avevano invaso molto terreno, lasciandone una bella fila per godere dei loro fiori gialli, e per attirare le api. Ho rastrellato foglie per ore, concentrandomi solo sul sole che riscaldava la pelle, sui fili d'erba appena accennati, sulle piante in boccio.

Con il mio vicino, un signore gentilissimo che ci ha regalato anche quello splendido cavolo nero che vedete in foto, abbiamo bruciato tutte le sterpaglie, a fine giornata.
Un falò magico, calmo, con volute di fumo candido. Dentro il fuoco ho bruciato idealmente tutto l'anno passaro. Ho terminato un ciclo e adesso posso ripartire, purificata.

Voglio vivere nel momento, e quando ci riesco è davvero appagante. I sensi si tendono, si riempiono, vibrano. Cerco di allontanare le aspettative, le preoccupazioni. Voglio vivere il presente, il qui ed ora.

In queste mattine di sole, dove divido i biscotti della mia colazione con Hero ed Eva. Dove stendo fuori la coperta colorata che ha lavorato mia nonna a maglia, che profuma di lavanda e sapone di marsiglia. Qui, ora, mentre cucino una torta salata con zucca, patate, petali di fiori e tanti semini.

Sto preparando anche il mio primo corso di Fitoalimurgia: questo il volantino, diffondete a chi credete sia interessato!



martedì, febbraio 10, 2015

Cura di Sè







Fuori tutto è silenzio. La neve ha ricoperto, un'altra volta, tetti, alberi, strade, camini. Sento solo il ticchettio dell'orologio, la stufa che scoppietta, la teiera che sobbolle.

Domenica si è chiuso un ciclo. Lungo, intenso. Doloroso, ma non nella maniera che ci aspettavamo. Abbiamo cercato di vivere giorno dopo giorno, ricercando un equilibrio. Sono arrivate cose nuove, altre (amate) se ne sono andate. Eppure siamo arrivati fino a qui. Fino ad ora.

Così vicina alla data che doveva essere quella del mio parto, io ho finito l'ultima scatola di pillola. Le avevo prese perchè, dopo l'aborto e con il vaccino contro la rosolia, non potevo rischiare di rimanere incinta.
Ma ecco, i sei mesi che ad agosto mi sembravano lunghissimi, interminabili, si sono sciolti. Piano piano, come sta facendo la neve al sole di stamattina. Gocciolando via, preoccupazioni, ansie, e anche piccole gioie.

Piccoli momenti incantati, dove rinnovo il mio amore per Andrea, il mio re delle Fate, il padre dei miei figli. Oppure, quando come domenica andiamo a fare un giretto in un paese vicino, e trovo l'ultimo libro di Stephen King, che non sapevo nemmeno fosse uscito. Sincronicità, momenti sospesi.

Il giorno di quella tragica ecografia, nel pomeriggio io e Andrea andammo alla Pieve Vecchia, a Prunetta. Un posto magico, una vecchia chiesa che conserva radici misteriose, pagane, potenti. Ci sedemmo lì vicino, stupiti, senza parole. Nel cielo volava un falco, sopra di noi. Volava altissimo, e io mi chiedevo come avrei fatto per tornare così forte, così piena di vita, io che avevo la morte dentro.

Domenica, il giorno in cui ho smesso la pillola, siamo tornati lì. Nella neve, nel silenzio. Purezza intorno a noi. E nel cielo, un falco. Forse lo stesso? Prima era appollaiato su un palo della luce, ci ha guardati un attimo, come per assicurarci che stessimo bene. Poi è volato ancora, nell'aria, con il suo grido roco e acuto, vibrante, nel cielo azzurro d'inverno.

Un ciclo si è chiuso. Da adesso, tutto può succedere.
Stamattina mi sono dedicata al mio altare. L'ho pulito, spolverato, cambiato la disposizione delle pietre. Rinnovato preghiere, desideri, pratiche. Acceso un incenso ed una candela. E ho messo neve fresca in un piccolo contenitore, perchè si sciolga piano piano e mi ricordi che tutto scorre, si trasforma, passa, diventa qualcos'altro.

Prego che il mio desiderio rimanga un desiderio e che non diventi aspettativa. Spero di vivere i prossimi mesi nella pienezza, e non nell'attesa sterile, deprimente. Come è già accaduto.

Che il mio desiderio diventi realtà in maniera spontanea, vitale, dolce. Come la neve che diventa acqua, e goccia, e vapore, e di nuovo pioggia e nutrimento per il seme.

Ho iniziato ad usare i meravigliosi Balsami che vi dicevo la volta scorsa: mi prendo cura di me. Non credo di averlo mai fatto, prima, con questa dedizione e serenità, con questa pace.

Voglio imparare a non disperdere, ad agire solo dove voglio che vada l'energia, ad incanalare la mia potenzialità. Restando aperta...quella è la cosa più importante.


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mercoledì, febbraio 04, 2015

La teiera rossa








Metto su un’ altra teiera per il tè verde. La mia nuova teiera è rossa, di smalto. Mia madre ne aveva una identica, era gialla. Gliela aveva regalata mia nonna. L’aver trovato una teiera simile a quella, in questo periodo, mi sembra una fortunata coincidenza.

Sento mia madre vicina, in questi ultimi tempi. Camminavo sotto il sole, l’altro giorno, per andare a casa di un’amica, e l’ho sentita, distintamente, vicina a me.

Forse risolvere i nodi che avevo nei confronti della maternità me l’ha resa più vicina. Una parte di me è maturata, come una mela rossa e succosa. E’ la parte di me donna-adulta, recettiva, mamma.

Sento magia nell’aria. Lo dico piano, sottovoce, per non turbare l’incanto. Nonostante le arrabbiature, le giornate storte, i problemi e la ricerca continua di equilibrio, percepisco nell’aria intorno a me una sorta di luce. Mi sono rilassata. Lascio scorrere le cose, senza troppa ostinazione.
Oggi nevica, la neve ha scombinato molti dei miei programmi. Eppure non riesco ad arrabbiarmi troppo, perché sento comunque protezione attorno a me.

Le cose vanno come devono andare, andranno come dovranno andare.

La pasta madre riposa vicino alla stufa. Ho cucinato lenticchie rosse speziate per pranzo, e acceso qualche candela per farci compagnia, in questo pomeriggio nevoso.
Tra poco andrò a fare una passeggiata, per vedere se le strade sono libere. Cerco di mantenere i pensieri ed il cuore leggeri.
Mancano pochissime pillole, l’ultima scatole di pillola. Finirò il giorno che sarebbe stato il giorno previsto del mio parto. Anche questo, mi sembra un buon segno, magico, sussurrato appena.

Intanto, è passato Imbolc. A causa della neve non sono potuta andare alla meditazione del grembo, alla quale tenevo moltissimo. Sarà per la prossima volta.
Ho ritrovato il gusto di fotografare le piccole cose, gli attimi di bellezza, come spiega magistralmente Daniela nel suo ultimo post.
E anche quello di cucinare lentamente, con gusto. La pasta madre è sempre più viva (l’hai messa in buone mani, Silvia!), e non appena ho qualche ora libera mi metto ad impastare, fare conserve, cucinare torte.

Ieri sera abbiamo cucinato e messo in conserva il Chutney di mele e cipolle rosse: avrei voluto fare una foto ma la luce adesso è calata…intanto vi scrivo la ricetta, che ho realizzato fondendo varie ricette trovate qua e là.

Chutney di Mele e Cipolle di Tropea

4 mele gialle
4 cipolle di tropea
12 bacche di ginepro
Un cucchiaino di semi di pepe misto (rosa, nero, verde)
Due cucchiaini di Garam Masala
10 cucchiai di zucchero integrale di canna
2 tazzine colme di aceto di mele (più un’altra mezza tazzina a metà cottura)

Taglia le cipolle e le mele, le prime sottili, le seconde a tocchetti. Prendi una bella pentola di coccio, se ce l’hai, oppure una pentola normale, e tosta per qualche minuto le bacche di ginepro, il pepe ed il garam masala. Senti che profumo che si sparge per la cucina…un profumo dolce e speziato, caldo, perfetto per le fredde sere invernali. Aggiungi quindi le mele e le cipolle, lo zucchero e l’aceto. Mescola bene e lascia cuocere, a fuoco lento, per un’oretta. Senza coperchio. Ogni tanto, quando passi di lì, mescola il chutney: fosse solo per il profumo libidinoso che sprigiona ad ogni mescolata.

Non appena vedi che le mele e le cipolle si sono fuse, diventando una specie di marmellata agrodolce, spegni il fuoco e invasetta subito, a caldo.
Come dice mia nonna, metti i barattoli a testa in giù, aspettando che i tappi facciano “click”.
Una volta aperto, il chutney si conserva in frigo per uno-due mesi.

Perfetto con il riso basmati, con le polpettine di ceci, come salsina per i panini, come pinzimonio. 

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