venerdì, febbraio 14, 2014

(anti)conformismo



Quando eravamo al Liceo, si andava a scuola la mattina tutti truccati di nero. Io ero la fidanzata immaginaria di Robert Smith. Per questo, ogni mattina passavo un quarto d'ora a truccarmi gli occhi, ombretto nero ovunque, gonna lunga nera, borchie e borchiette. Capelli cotonati alle feste danzanti la sera. Rossetto rosso, un po' sbavato. Andavamo a queste serate dark, e tutti erano vestiti di nero, con i capelli  improbabilmente gonfi, con i tacchi a spillo, il latex per i più audaci. Ci sentivamo molto anticonformisti, rispetto a tutto il mondo fuori. Ascoltavamo (ma io li ascolto ancora, eh) i Cure, Siouxie and the Banshees, i Joy Division ed i Bauhaus. In quel periodo lessi Fluo, il primo libro di Isabella Santacroce. Mi ricordo di una frase scritta lì dentro,  il giorno sarà troppo impietoso con le nostre facce sconvolte dal trucco disfatto e la donna di chiesa avrà sguardi cattivi per noi che in fondo viviamo come le stelle in un mondo buio e lontano. 
Che, lasciando perdere poi la produzione letteraria successiva della Santacroce, che  non ho più amato, direi rispecchiasse esattamente come ci sentivamo.

Diversi da tutti, uguali però tra di noi. 

Insomma, una sera io decisi che mi ero davvero stancata di andare a queste serate vestita di nero. Mi misi una mini di latex rosa, una maglia mi sembra di ricordare gialla, ed un improbabile pellicciotto sintetico color viola elettrico.
Mi guardarono tutti malissimo. Cioè, ero sempre la stessa, ma ci fu chi non mi salutò, quella sera.


Prato, Febbraio 2014

Con quella serata, finì l'epoca dei miei vestiti neri, e mi votai ad una caleidoscopica e confusionaria moda, solo mia. Nel tempo poi ridefinita e aggiustata, perchè le attrici devono vestirsi bene, mi dicevano, oppure perchè ero davvero troppo eccessiva. 
Alcuni capi di vestiario non so come facessi a metterli.

Questo episodio, però mi insegnò molto sulla mia vera natura. Quando mi sento stretta in un ruolo, molto spesso decido di romperlo, e cambiare. Per questo a volte la gente pensa che io sia una volitiva, una persona di cui in fondo non ci si possa fidare, forse.

Ho sempre cercato di seguire la mia natura. Di indossare con fierezza quell'improbabile pellicciotto viola elettrico. Eppure, più si cresce e più diventa difficile.

Sentirsi diversa, sentirsi davvero anticonformista, con tutto quello che porta con sè questa consapevolezza. 
Sono la fata dei boschi, ma amo la città e perdermi nei negozietti vintage.
Sono un'erborista, parlo con le piante, ma rimango profondamente un'attrice.
Leggo saggi di psicologia, e anche l'ultimo romanzo della Harris. E poi un libro di ricette insieme a testi teatrali.
Non so disegnare, e disegno spesso.

Ogni giorno combatto una battaglia. Tra la me che si vuole a tutti i costi conformare, e quella me che invece ancora gioca libera nel vento, balla appena sveglia, inventa mondi fantastici, esce con la macchina fotografica come quando aveva 15 anni, per fare le foto a tutto quanto.


Prato, Febbraio 2014

E ogni giorno capisco sempre più che la base della felicità sta davvero nel diventare ciò che si è: essere conformi solo alla propria natura. Quanto è difficile!
Perchè tutto quello che ci è intorno ci plasma, e ci indirizza verso desideri e scelte che forse non sono dettate dalla nostra vera natura.

Una cantante, con cui ho avuto l'onore di lavorare sulla voce, disse di me che dentro avevo una Guerriera. Che sia vero, oppure no, sicuramente so che quello che faccio deve allinearsi con questo animo libero e creativo che ho dentro.

Indossare quei vestiti improbabili, specialmente alle serate dress code.


Prato, Febbraio 2014



Prato, Febbraio 2014




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venerdì, febbraio 07, 2014

Hai mangiato?



Come molti di voi sanno già, a CasaEdera non c'è la TV. E viviamo benissimo senza! Però a volte capita di guardarla, a me capita quando vado a casa di mia sorella. Ci spaparanziamo sopra il suo divano, nella sua piccola mansarda-soffitta (mia sorella vive in una casina di città deliziosa, che se non amassi così tanto il posto in cui vivo, davvero farei il cambio di casa!), e ci guardiamo qualche programma trash.
Uno di questi, che non avevo MAI visto, è Master Chef.

Inorridirete, ma io mai avevo visto questo programma e non avevo idea di che cosa fosse. Me lo hanno presentato come una gara tra cuochi, e quindi avevo anche qualche curiosità nel guardarlo. Mi piace molto tutto ciò che riguarda la cucina. Amo vedere le persone che cucinano. Credo di avere imparato ad amare le mani in pasta sin da piccola, guardando la mia nonna preparare i soffritti per i sughi meravigliosi che ancora cucina, il mio nonno che impasta le ciambelline all'Anice che vengono direttamente dalla ricetta della mia bis-nonna ciociara, la mia mamma che faceva un tiramisù paradisiaco.

Il mio amore per la cucina si è snodato nel tempo, a Bologna, nelle case che ho vissuto, mescolando le ricette calabresi con quelle triestine, o emiliane, imparando nomi di ricette, e facendo miei ingredienti e spezie, calore dei fornelli e chiacchiere, cenette a lume di candela e tavolate di almeno 6 persone per volta.

Credo che, oltre al cammino spirituale, anche la cucina mi abbia spinta agli studi erboristici: amo annusare le erbe, raccoglierle, pulirle, cucinarle... la cucina permea la mia vita.

Amo ancora osservare mia nonna che tira la sfoglia, la mia amica Irene che cucina con una maestria incredibile, Andrea che con tre ingredienti tira fuori dei manicaretti deliziosi, la mia Polly che cucina le orecchiette con le cime di rapa e taglia le verdure come lei nessuno mai, insomma...se non mescolassi tutti i giorni pasta di sapone, erbe e cera per candele, sicuramente i miei pentoloni non sarebbero vuoti!

Con questo stato d'animo e questa curiosità mi sono messa a vedere questo famoso MasterChef.
Per rendermi conto, dopo appena dieci minuti, che qui di tutto si parla fuorchè di cucina.
Viene messa in risalto la competizione, le strategie, e questo atteggiamento post-postmoderno fatto di disprezzo, ansia, supponenza e fastidio.
Ma qui non si parla di cibo! Si vedono questi sciagurati, aspiranti cuochi, che corrono da una parte all'altra per cucinare in un tempo brevissimo piatti super elaborati.
Speravo, comunque, di perdermi tra le immagini di frutta e verdura ben affettata, imparare trucchi del mestiere, che ne so, godere del lento sobbollire delle pentole, o delle presentazioni dei piatti.
Niente di tutto questo. 

Cioè, il cibo quasi non si vede.

Il tempo di presentare un piattuccio di novelle cousine allo chef di turno, che ci sputazzerà sopra qualche cattiveria.
I piatti inquadrati non hanno calore, non hanno profumo, non hanno colore.
Sono...invisibili.

Ho pensato per tutto il tempo a quella struggente e vera frase di Alda Merini  Elsa Morante (grazie Margherita per la correzione!):

LA FRASE D'AMORE PIÙ VERA, L'UNICA È: "HAI MANGIATO?" 



Ecco. Lì le cose non vengono nemmeno mangiate. Vengono assaggiate con sufficienza, votate con arroganza, cucinate senza amore.
La mancanza di amore è evidente in ogni singolo minuto di questo programma.

E questa mi sembra anche una sintesi di quello che oggi è il cibo, per la maggior parte dei media.
qualcosa da usare come pretesto per mostrare le persone che gareggiano, che litigano, che si odiano. Che vogliono vincere.

Nei tempi televisivi, e a volte mi sembra anche nei tempi delle nostre giornate, non c'è tempo per aspettare. Aspettare che la crema solidifichi, che il sugo sia pronto, che il vino evapori con calma, con i suoi tempi. Che il pane lieviti, che la torta sia fredda per toglierla dallo stampo.
O che un desiderio diventi realtà.

MasterChef è la sintesi di tutto questo. Vince il migliore, il più furbo, il più arrogante, il più veloce. Quando la cucina è pazienza, tempo, amore. Tutto il contrario, praticamente.

Nella mia famiglia, e per famiglia intendo sia quella di origine, che quella composta dai miei amici, il cibo è un atto di amore, un modo per passare insieme del tempo, è un modo per dimostrare quanto bene ci si vuole.

Quando cucino per il mio amore, per i miei amici, per mia sorella, io lo faccio con amore. E non è una frase fatta. Dentro a quello che faccio, insieme alle spezie che profumano, alle verdure che si cuociono piano piano, agli odori ed ai sapori, io ci metto pazienza e amore.

Impasto il pane, faccio i biscotti. Preparo una torta salata per la cena, oppure una crema di carote alla maniera cilena (e Polly e Julie sanno che cosa vuol dire quella crema di carote: è la bandiera delle nostre serate bolognesi, fatte di chiacchiere tra sorelle). E dentro ci metto anche l'amore. 

Come dice Tita in "Come l'Acqua per il Cioccolato", che mi sono dovuta riguardare qualche sera dopo MasterChef:

Il segreto sta nell'amore che ci metti.



il mio pane di questa settimana, lievitato con la nostra Pasta Madre



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