mercoledì, gennaio 29, 2014

Vivere qui


Fuori sta nevicando. La prima neve vera, quella di gennaio. Così vicino alla Candelora, alla festa del nido, della gestazione, della luce interiore. Ed anche della scintilla dell'arte, della passione che accende l'animo. Ho preparato il mio altare per la Candelora, ornandolo di bacche rosse di Cotonastro, bulbi di Giacinto, e un'immagine di Maria con il Bambino in braccio.

La Dea ci parla attraverso molte voci: così mi dice anche Clarissa Pinkola Estes dal suo vibrante libro, che mi sono trovata tra le mani il giorno del mio compleanno, e che voglio prendere come regalo che mia mamma, da chissà dove sarà adesso, vuole farmi, lei che aveva un rapporto speciale con quello che era spirituale. Il libro è Forte è la Donna: io ho letto le prime venti pagine, ed il suo potere colmo di colore ed emozione ha già toccato il mio cuore.


una mia foto di qualche anno fa, fatta dalla mia Polly

La prima neve dell'anno ci fa sempre riflettere su quanto sia diverso vivere qui. Non posso dire che sia meglio stare qui, oppure che fosse meglio vivere in una grande città come Bologna. Quello che so è che quando, come in queste sere, vado a Firenze a teatro, oppure passo da Prato al ristorante indiano, resto incantata da  tutte le sfaccettature della città. Mi piace osservare le persone, immaginare le loro storie. Curiosare dentro i negozietti vintage, raccogliere inviti e cartoline per programmi futuri.

Vivere qui significa che a volte devi rimandare incontri importanti, a cui tieni tanto, perchè nevica. 
Vuol dire anche pensare bene a come fare la spesa, cosa comprare, per non rimanere senza quello che potrebbe servire. Portare la legna in casa, e la macchina in fondo al paese, per evitare di rimanere bloccata. Significa lavorare da sola, immersa nella natura, si, ma senza una collega con cui scambiare due parole per la pausa caffè (anche se la mia insostituibile collega, anche se lontana, è sempre presente grazie ad internet). 


tè e caffè a casa di una cara amica, in città

Vivere qui vuol dire anche uscire di casa, passeggiare da sola nel bosco, raccogliere pigne e farne arte improvvisa. Vuol dire trovarsi con una tazza di tè verde fumante, accanto alla stufa, a rileggere vecchie poesie di mia madre-ed immaginare un progetto artistico che le coinvolgerà. Significa tornare a casa con il mio amore, a mezzanotte, alzare gli occhi e rimanere a bocca aperta, sotto un cielo limpidissimo, riempito di stelle come le clessidre con la loro sabbia.

il mio cerchio Imprevisto

Oppure, raccogliere la Salvia nell'orto, prima della gelata, e farne degli incensi naturali, per profumare la casa e scacciare le energie che ristagnano. Ecco come ho fatto :)

Piccolo tutorial per aspiranti fate dei boschi

1. Raccogliete Salvia, ma anche Lavanda, Timo, Iperico, Verbena, Cedro, Rosmarino. Prendete dei rametti, tanti quanti ve ne serviranno.

2. Intrecciate uno spago insieme a qualche tralcio di erba. Formate delle piccole bacchette magiche fatte di foglioline profumate e scacciaguai!

3. Avvolgetele in carta gialla, e ponetele in un luogo asciutto e calduccino, ad essiccare. Io poi le ho messe in un cestino vicino alla stufa.

4. Quando saranno essiccate, potete accenderle e passare in ogni stanza della vostra casa, spargendo il fumo aromatico ovunque. Attenzione a non far cadere tizzoni, spegnete la fiamma e lasciate solo che l'erba arda lentamente, sprigionando fumo profumato.

ecco come fare :)

In conclusione, che cosa significa vivere qui? Lo scopro ogni giorno di più. Dopo sei anni, questa scelta di vivere in una dimensione rurale la sento ancora mia. Anche se ho bisogno di mescolarla con gite in città, cinema, teatro, progetti, foto, e così via. Ma continuo sempre a ritenermi molto fortunata, perchè ho la città vicina, anche se non è una grande città. E dormire a fianco del bosco, svegliarmi con la luce del sole diritta in casa, che filtra dai rami dei castagni, non potrei davvero più farne a meno.

Vivere qui mi insegna, ogni giorno, di quanto sia importante anche godersi il momento, Rallentare. Respirare. Passare mezz'ora nel bosco, osservare le foglie cadute, e trovare in quello che sembra sempre il solito paesaggio, ogni giorno qualcosa di diverso. La ritualità dei gesti quotidiani, e la possibilità di vivere dentro al ritmo naturale. A volte è difficile. Ma quanto è prezioso.




domenica, gennaio 12, 2014

Un pò meno, un pò dopo


Lo so, ho scritto appena ieri.
Ma oggi ho avuto una rivelazione, troppo importante per non essere appuntata, e per non essere condivisa con voi. Vorrà dire che inizierete la settimana con un nuovo spunto, spero utile a molte di voi che mi leggono. E che ringrazio dal profondo del cuore, perchè se io oggi ho capito tutto questo di me, è anche grazie a voi.



Il Mare mi ha chiarito le idee. Completamente. Non so se quello che ho vissuto oggi sia una illuminazione, oppure se il seme di questa consapevolezza è in me da un anno, ed ha trovato solo oggi la possibilità di sbocciare. Io e Andrea  abbiamo fatto una passeggiata al mare. E tra conchiglie portate sulla spiaggia, piccole coppe per goccioline di mare, legni levigati e bianchissimi, cuccioli di cane che si rincorrevano, e la grana sottile della sabbia, che disegna ombre e luci lunari sotto al sole  d’inverno, io ho capito.


Ho capito che, per prima cosa, nella vita ho già commesso l’errore che sto commettendo anche adesso. Quello di rivestire delle maschere molto conformiste, di fronte al mio anticonformismo selvaggio. Ho già fatto questa cosa, quando ho deciso di abbandonare il Teatro per gli studi da erborista, quando ho deciso di essere una ragazza modello, nella casa in montagna, abbandonando velleità artistiche. Già, nella mia vita, mi sono trovata a fuggire ed a nascondermi nei panni della donna saggia, della ragazza per bene, di quella che ha messo la testa a posto. L’ho fatto per comodità, forse, o almeno così mi sono sempre detta. L’ho fatto per un preciso senso del dovere, dettato chissà da che cosa. Un senso del dovere che mi dice di fare la ragazza tranquilla, di non essere eccessiva, e soprattutto di non perdere tempo nel teatro, in ciò che è arte in genere, ed anzi, se proprio devo, che almeno quello che produco sia utile.




Ho sempre dato la colpa del mio abbandono delle scene professionali a vari spiacevoli accadimenti collegati a quel periodo teatrale. Ma In effetti, se vado a vedere per benino che cosa è accaduto dentro di me, io adesso posso dire con piena sicurezza che, signori e signore, io ho sempre avuto una grandissima paura della mia parte creativa.

Eccola qua, la verità.
Io ho sempre cercato di incanalare questa parte creativa o in qualcosa di utile, come il sapone, le candele o l’uncinetto visto come strumento per creare abbigliamento vario, senza osare qualcosa di davvero mio. Senza osare qualcosa di veramente creativo. Senza andare ad esplorare la mia creatività, quella profonda, legata proprio a me stessa.
Tutte le volte che, nella mia vita mi sono trovata pronta a spiccare il volo per una vera ricerca creativa, io mi sono tirata indietro. Andandomi a nascondere prima nei panni della ragazza modello, e adesso in quelli della mamma a tutti i costi.
Eh già, ovviamente si arriva a questo. Ma fronteggiamo davvero il discorso, forse per la prima volta.
Ho desiderio di un figlio. Questo è vero ed è innegabile. Un figlio mio e del mio amore, la fusione perfetta di noi due, etcetera etcetera. Ma: ne ho anche paura. Ho paura di dover dedicare tutta la mia vita a questo esserino così fragile e così dipendente dalla sua mamma. 
E soprattutto: non è il mio desiderio principale. Non lo è!!! Lo è diventato perché il senso del dovere e la fuga dalla fonte della mia creatività mi spingono a rivestire questo ruolo.


E così facendo non mi rendo conto che per avere un figlio ci vuole prima il desiderio di questo, poi la costruzione di sogni e complicità con il proprio uomo relativamente a questa anima che arriverà. Io mi sono precipitata nel ruolo della donna-che-vuole-essere-mamma senza nemmeno dare spazio, tempo e vuoto necessario a questa idea di crescere piano piano.
Il mio amico Ettore tempo fa mi disse una grande verità “I cinesi hanno un detto che recita così – un po’ meno, un po’ dopo”. Ecco. Io in questo anno ho avuto il terrore di quell’ un po’, non sapendo come gestirlo.
Rivestendo il ruolo della mamma-a-tutti-i-costi, come un piccolo carrarmato ho puntato solo all’obiettivo finale, senza dare abbastanza spazio a questa idea di formarsi da sola, con tutti gli ingredienti giusti.

Inoltre, ho avuto una grandissima paura di essere anticonformista. Nonostante la mia natura Selvaggia, in questo caso, spaventata dal sentiero nel quale poteva trascinarmi tutta la creatività risvegliata dell’incontro con il mio amore, e dalle possibilità di esplorare davvero la mia capacità creativa, mi sono imposta da sola il ruolo della “mammina”.

Ma perché????????

E soprattutto: non è necessario! I figli sono un dono, e sarà bellissimo averne, ma voglio che mi capitino come accade per le stelle cadenti, una scia luminosa e improvvisa, che rischiara il cielo. Voglio che mio figlio abbia due genitori innamorati e complici, ed una mamma che non ha paura di creare quello che lei stessa è. Altrimenti, come posso creare la vita, se prima non imparo a gestire ed assaporare la mia vena davvero creativa, davvero artistica?

Senza fuggire di fronte alle possibilità, senza voltare le spalle a quello che può venire dalle mie profondità. Senza relegare me stessa in un ruolo troppo anni Cinquanta, troppo poco Selvatico, per niente magico.


Mi sono chiesta dove io sia finita, per questo lungo anno, passato a contare i giorni dell’ovulazione, i fantasintomi di cicogna in arrivo, a prendere le temperatura basali, a fare grafici e a fare stick peggio che in un laboratorio di analisi.

Io sono pronta ad esplorare quella che sono davvero, ed a liberare la capacità creativa che risiede in me. Pronta a creare arte inutile, a scrivere sulla mia pelle e poi a fare foto, a dipingere la stoffa, a recitare di nuovo, completamente, senza riserve.

Sono pronta a ricontattare la mia parte magica, lunare, fatta di stelle e di sole, fatta di foglie e fiori e nepetella appena raccolta.

Sono pronta a ritagliare, ad incollare, ad uncinettare tutto quello che di inutile può esserci.
E soprattutto, non so dove tutto questo mi porterà. Ma sono sicura che mi porterà in un posto fertile, in un posto che guarisce, in un posto pieno di possibilità.

Mi sento finalmente libera, libera da questo ruolo autoindotto di madre. 
Sai che c’è: non sono ancora pronta.
Anzi, lo sono, ma un po’ meno, un po’ dopo.



 (le foto sono state scattate tra Torre del Lago Puccini e Lago di Massacciuccoli. Posto magico, sospeso tra un'ala di nostalgia ed una piccola baia di pace).

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sabato, gennaio 11, 2014

Questioni di Stile


La domanda che mi ronza in testa oggi è: Qual è la tua creatività?
Qual è il mio modo migliore di esprimermi, di farmi da tramite di idee, pensieri, opere?
 Sono convinta che il mio linguaggio principale sia legato al Teatro. Di questa convinzione, che a tratti mi spaventa e a tratti mi attrae, ormai ho conoscenza.
La maggior parte della mia prima giovinezza è stata dedicata completamente a questa Arte. Prima la Scuola di Teatro, poi il lavoro da professionista. Poi è successo qualcosa, che mi ha fatta cambiare, piano piano.
La consapevolezza in me di un'altra anima, più stabile, più legata alla terra e alla natura.
Così ho iniziato lo studio delle Erbe, l'università, il lavoro in negozio, la mia vita in decrescita.

Molti sono stati i fattori che mi hanno spinta ad allontanarmi dalla città, con tutti i suoi stimoli e la sua vita, che pulsa nelle strade, nei vicoli, dalle vetrine dei negozi, nelle mostre, nei cinema, negli occhi delle persone.

Mi sono ritrovata in una dimensione agreste, bellissima, con il letto che è allo stesso livello degli alberi fuori dalla finestra, come se dormissi tra le foglie. La meraviglia di avere uno spazio verde molto grande, un orto tutto per me. Il tempo da dedicare al pane, alle conserve, alla stufa, ai nostri cani. Tutto molto bello ed appagante.

Eppure, mi sento formata da due anime. Una molto rock'n roll, artista, creativa, che sta benissimo in città. Che ama andare al cinema, a teatro, a vedere una mostra ma anche semlicemnte passeggiare per le vie del centro di una città vera, osservando i dettagli dei muri, dei negozi, dei colori, dei vestiti dei passanti. Che ama fare fotografie, sperimentare piccole installazioni fatte di foglie, sassolini portati da chissà dove, piccole briciole di Natura all'interno della città. un'anima Pollicina per quanto riguarda tutto ciò che è colore, movimento, stile.

L'altra è invece una sapiente conoscitrice di erbe  e piante, ed ama creare saponi, candele, mescolare nei pentoloni olii e burri profumati, uscire nell'aria frizzantina della montagna,  sbriciolare la Terra con le mani, trapiantare le piantine, raccogliere i pomodori carichi di sole. Annusare i mille profumi delle Erbe Selvatiche, raccogliere castagne e foglie rosse, svegliarsi nella neve bianca in inverno.
Benedico ogni giorno la possibilità di vivere così, meravigliosamente Selvatica.

In tutto questo panorama, c'è poi il pensiero della creatività biologica, il fantasticare su un figlio che non arriva, il seguire le onde ed i cicli della mia natura femminile, che ogni mese mi insegna che non è ancora il momento giusto, che evidentemente prima di questo devo creare ancora altro, nuove idee devono prendere forma, che appunto non si possono forzare gli eventi.

Che se continuo a riempire questa "casellina" con troppe aspettative, con troppo desiderio, con troppa veemenza, sarà sempre così piena da non lasciare spazio ad una nuova anima.

In tutto questo, vorrei sapere come fare per conciliare le mie due anime. Sono una Selvatica affascinata dalla città, una Attrice che recita con i fiori, una Fotografa che non sa di esserlo. Sono così preoccupata di quello che ho intorno a me, della aspettative degli altri, della dimensione provinciale nella quale vivo, che mi dimentico che accanto ho un uomo meraviglioso, un artista vero, un creativo che mi nutre e mi fertilizza, se solo fossi più rilassata, meno rigida.

Voglio utilizzare le energie di questo nuovo ciclo per focalizzare la mia creatività davvero, smettendola di bloccarla, di censurarla, di farla stare zitta perchè fondamentalmente non mi sento abbastanza.

Da una parte, non mi sento abbastanza brava. Sono perfezionista, specie per quanto riguarda tutto quello che creo. Dall'altra, sono assolutamente convinta di non essere all'altezza.
Che quello che faccio non è interessante. Oppure, ancora peggio, che per avere una vita tranquilla, normale, nei ranghi, è meglio non fare niente.

Anche questo accade, nel fantastico dialogo tra le mie tendenze creative. C'è quella part di me che dice che devo mettere da parte tutto quello che riguarda l'essere creativa, che quando si cresce si smettono i sogni e si guarda alla realtà delle cose, senza perdere tempo. Che dovrei davvero diventare una donnina di casa, e finirla con tutti questi grilli per la testa.

Ecco, c'è anche questa parte qui.

Scrivo tutto questo perchè sicuramente c'è chi si sente come me. Mi piacerebbe conoscere le storie di donne creative, e realizzate pienamente, che hanno trovato la loro strada. Donne con figli, o senza, che non hanno fatto della maternità l'unica ragione di vita, di femminilità e di creazione. Sapere come avete fatto, sorelle e amiche.

Io intanto farò fotografie in città e sopra ci disegnerò fiori, ne farò nei boschi e sopra scriverà slogan pubblicitari che trovo in città.  Farò il sapone mescolando i miei calderoni, con Erbe e Piante magiche, ma la sera metterò smalto rosso e andrò a Teatro con il mio amore. Dipingerò una nuova serie di vestiti assurdi e colorati, e li indosserò per correre nei campi. E poi raccoglierò fiori e foglie, ne farò piccoli quadri da appendere in giro per la mia città. E con l'uncinetto, ancora, dipingerò e navigherò sotto l'acqua e dentro agli alberi.



Stanotte ho sognato che ero nel Giardino dei Tarocchi, di cui una foto qui sopra, che ho scattato questa estate. Ero nella casa dove ha vissuto Niki, dentro l'Imperatrice. Vivevo lì, in una casa colorata, piena di pitture, tubetti di colore, ritagli, frammenti. Ho ripercorso, in sogno, tutto quel meraviglioso giardino, me ne sono sentita parte integrante, viva.


domenica, gennaio 05, 2014

Pomeriggio di Pioggia


Quando la pioggia ci coglie sul finire delle vacanze natalizie, tra una lucina di Natale che ormai è da riporre per il prossimo anno, e un nuovo calendario da appendere al muro della cucina, lì vicino all'Edera, potremmo essere travolti danna noia e dal malumore.

Noi ieri abbiamo deciso di sfidare il maltempo, e abbiamo anche rinunciato ad un pomeriggio nella mia cara Bologna: la nebbia ed il maltempo ci hanno fatto desistere. Abbiamo deciso di fare un giretto per Pistoia, la nostra città, senza aspettative nè programmi.

A volte le cose non programmate ti stupiscono; così ti trovi in biblioteca, di sabato pomeriggio, a sfogliare libri e riviste, e ti imbatti in una mostra di un'artista pistoiese, Cristina Palandri. Siamo usciti da lì con tre film, tra cui quello di Jane Campion dedicato a Keats, che voglio vedere da un pò di tempo, e due libri molto utili. Uno è il libro sulla composizione dei profumi e delle essenze delle autrici de "Il mio Sapone", un libro che mi servirà moltissimo. L'altro è un piccolo libricino, "Trattato di Culinaria per donne tristi", di Hector Abad Faciolince. Mi ha subito catturata, e sono sicura che sarà una gradevole lettura.

Uscendo da lì, ci siamo imbattuti nella mostra di Chiavacci, a Palazzo Fabroni, con la conseguente collezione permanente. Non l'avevo mai vista: ci sono opere interessanti, specie quelle di Chiari e Melani. Ho scoperto poi che a Pistoia esiste la sua casa-studio, la nostra prossima visita sarà sicuramente lì.

visione subliminale da Palazzo Fabroni della Chiesa di Sant'Andrea

Oggi è tornato un timido solicino: ne ho approfittato per uscire, e fare qualche foto.
Mi perdo nelle forme, nei colori della natura che mi circonda. Ogni cosa è un'installazione visiva, le sfumature mi rapiscono, mi specchio nella rugiada che riveste le bacche appena sveglie, baciate dai raggi del sole invernale.






Credo che la pioggia, come la noia, possa essere uno stimolo per farci trovare nuove strade e nuove risorse.

Nei pomeriggi di pioggia fitta e incessante, se l'amato è lontano e il peso invisibile dalla sua assenza ti angoscia, taglierai dal tuo giardino ventotto foglie nuove di cedronella e le metterai sul fuoco, con u litro di acqua, in infusione. Appena bolle l'acqua lascia che il vapore bagni i polpastrelli delle tua dita e mescolale tre volte con un cucchiaio di legno. Toglila dal fuoco e lasciala riposare per due minuti. Non mettere zucchero, bevila a sorso, di spalle al pomeriggio, in una tazza bianca. Se a metà del litro non noti un certo sollievo dietro lo sterno, scaldala di nuovo e aggiungi due cucchiai di zucchero di canna. Se alla fine del pomeriggio l'angoscia persiste, puoi stare sicura che lui non tornerà. O tornerà un altro pomeriggio e molto cambiato.
(Trattato di culinaria per donne tristi, H.A.Faciolince)


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